La festa della vita è la festa di Dio. Perché Dio non è rimasto chiuso in sé stesso, ma ha generato un figlio, dall’eternità, e lo ha amato. Per Lui ha creato lo splendore dell’universo, un universo brulicante di vita. E il culmine della creazione è l’uomo, fatto a Sua immagine e somiglianza. L’uomo è diverso dagli altri animali, perché in lui è piaciuto a Dio insufflare l’anima, rendendolo proprio figlio e capace di amare.
Con questo riferimento alla Genesi, il vescovo monsignor Francesco Moraglia ha iniziato domenica l’omelia per la Giornata della Vita nella chiesa di San Michele Arcangelo a Pegazzano, ricordando che la vita ci è data, è un dono. Ma è un dono fragile, specie nelle condizioni dell’uomo appena concepito e dell’anziano, del malato, del disabile.
Talvolta, il mancato rispetto della vita è legato a difficoltà economiche. Il messaggio dei vescovi italiani per la «Giornata» 2010 sottolinea come a pagare il conto più duro della crisi attuale siano spesso i bambini nella pancia della mamma.
Il «Progetto Gemma» del Movimento per la Vita intende proprio prevenire il dramma dell’aborto causato da motivi economici, assicurando alla mamma che decide di continuare la gravidanza un contributo di centosessanta euro al mese per diciotto mesi. E’ solo l’inizio, ma è un incoraggiamento concreto per le famiglie, perché c’è qualcuno che si prende veramente cura di loro.
Il vescovo ha quindi invitato le parrocchie e associazioni della diocesi a prendere sul serio il progetto, e ad organizzare gruppi di quattro nuclei familiari, che, con quaranta euro al mese, riescano veramente a salvare una vita umana. L’idea è quella di sviluppare, anche attraverso un impegno economico concreto e continuato, una mentalità diffusa di aiuto e promozione della vita. Si tratta di un progetto diocesano su cui lavorare insieme, rinnovando la tradizione delle opere caritative della Chiesa, che da sempre si fa carico dei più deboli della società. Anche con questa iniziativa, avremo la fierezza di dire ai nostri figli che non li stiamo tradendo.
Nella veglia del venerdì precedente, svoltasi alla Spezia nella chiesa della Neve, il vescovo aveva ricordato il valore «non disponibile» della vita umana, sia propria sia altrui. Perché la vita non ce la diamo da soli, né abbiamo il potere di determinarla a piacimento. Certo, possiamo toglierla, anche la nostra, ma non senza violare, comunque, la dignità intrinseca in ogni essere umano e quindi creando, almeno a lungo andare, un problema per tutta la società.
L’intangibilità della vita è un principio che la ragione percepisce e che la fede, specie sotto l’attuale martellamento mediatico e culturale, contribuisce a tener desto. Operare per il rispetto di ogni vita umana – indipendentemente dal colore della pelle, utilità sociale, benessere economico – è quindi un servizio che la Chiesa compie per il bene di tutta la comunità civile.
Il servizio richiede attenzione anche verso le leggi, perché le leggi hanno il potere di cambiare la mentalità, facendo passare per lecito, specie tra le nuove generazioni, quello che in realtà vìola l’uomo. Ecco perché sui temi della vita non può cadere una cappa di silenzio, magari per convenienza. Anzi, è necessario un dialogo che parta da quanto è condiviso da tutti gli uomini: la ragione. La ragione, non una filosofia o una morale. E la ragione, sottolinea il vescovo, dice che ogni uomo, dal concepimento al suo spegnersi naturale, è sempre un uomo, appartenente alla specie «homo sapiens». E che le distinzioni sull’essere o meno persona – ad esempio basate sull’appartenenza etnica o sulla capacità fisica, mentale e relazionale – hanno sempre rappresentato una discriminazione nei confronti di una qualche categoria di uomini. Distinzioni che – col senno di poi – appaiono in tutta la loro drammatica violenza, come nel caso della schiavitù, bandita negli Stati Uniti con una sentenza che recitava semplicemente «A man is a man», «Un uomo è un uomo».
Oggi alcuni dicono che la vita in stato vegetativo non è pienamente umana. Ma, ad esempio, gli ultimi studi hanno scoperto nelle persone in stato vegetativo nuove, sorprendenti capacità di comunicare. Un progresso scientifico eccezionale, che nasce laddove non si rinuncia a prendersi cura della persona amorevolmente e con il desiderio di conoscere e migliorare sempre.
Non così opera la cosiddetta «tecno-scienza», che, invece di curare la persona reale, preferisce selezionare il migliore – come nel caso degli embrioni, promettendo un’utopistica felicità – e pretende di sostituire il criterio del bene e del male con quello del fattibile o meno. La vera scienza, invece, deve essere a servizio degli uomini, del singolo uomo, di tutto l’uomo.
Accogliere il nascituro, l’immigrato, colui che non parla la nostra lingua e appartiene ad un’altra etnia in un quadro di legalità – con diritti e doveri ben precisi -, dice l’umanità vera di una società. Una politica più attenta a quanti si trovano in situazioni di fragilità e debolezza sociale dovrebbe essere la vera risposta di una società civile che voglia, non a parole, porre la persona umana al centro. Il grado di civiltà di una società si misura con la capacità di rispetto e di accoglienza della vita.
Francesco Bellotti
> Appunti del discorso del Vescovo Francesco Moraglia alla veglia della XXXII Giornata per la vita, chiesa N.S. della Neve, La Spezia, 5 febbraio 2010.
> Cos’è il Progetto Gemma? Il link all’informazione sul sito del Movimento per la Vita
> I Centri di Aiuto alla Vita (CAV). Il dossier sulle attività dei CAV in Italia.
> Liegi, dove si trova la vita anche nei “vegetativi”. Il laboratorio del prof. Steven Laureys, da Avvenire
> Giorgio Ciuchi, in stato vegetativo da 47 anni. La mamma: “Non lo abbandonerò mai“.
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