«Nel carisma di don Giussani l’intelligenza della fede diventa intelligenza della realtà». La fede è uno sguardo che permette di andare al fondo del reale. Per questo, essa consente di conoscere veramente e di parlare con ogni uomo.
Lo ha detto il vescovo Francesco Moraglia, venerdì sera a san Paolo, alla Pianta, nella messa per il sesto anniversario della morte di don Luigi Giussani.
Quali sono le caratteristiche fondamentali del metodo educativo del fondatore di Comunione e Liberazione? «Il cristianesimo come fatto totalizzante e la fede che diventa cultura». Se l’incontro con Cristo non è un fatto totalizzante che riconosciamo in ogni aspetto della vita, la fede si riduce a fideismo, a mondanizzazione del vangelo, che diventa un peso, un ostacolo. Invece, «il fatto cristiano accolto nella sua interezza permette di comprendere tutte le cose e, successivamente, anche di progettare. Così la fede si fa cultura».
Una fede che non diventa cultura è una fede non provata, non pienamente vissuta. L’attenzione all’educazione fondata sul vangelo – intuizione del sacerdote milanese sin dalla metà degli anni ’70 – è ora messa a tema dalla chiesa italiana per il decennio 2010-2020.
Per don Giussani «il vangelo è sempre attuale e non ha bisogno di aggiornamenti. Siamo noi a dover continuamente trasformare il vangelo in evento, in liberazione». Questo don Giussani diceva con il suo inconfondibile stile di essenzialità e di verità, a cui il vescovo chiede di restare fedeli. «Nel suo carisma facciamo che la fede diventi cultura e che la cultura sia sempre espressione di una fede amica della ragione».
Al termine della celebrazione, Fabio Manfredini, responsabile della fraternità, ringraziato il vescovo e ricordato la paternità spirituale del prossimo beato Giovanni Paolo II, che riconobbe canonicamente la fraternità di Cl. E ha aggiunto: «Solo una esperienza concreta che risponda al bisogno di felicità dell’uomo – cioè il cristianesimo – potrà ridare la speranza che è necessaria per costruire un bene comune autentico».
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