Solo qui.
Un assaggio della gioia delle festività natalizie. E’ stato questo il clima che si è respirato domenica in concattedrale a Sarzana, per la Messa del Natale di solidarietà, animata dai numerosi gruppi che ruotano attorno alla Caritas e al volontariato.
Nell’omelia, il vescovo Moraglia ha spiegato il senso vero della carità cristiana, che risponde alle esigenze materiali di chi è nel bisogno, ma sempre ha di mira la necessità maggiore dell’uomo: l’incontro con Dio.
«La carità non è prerogativa di qualcuno, ma la cifra della vita cristiana. Alla sera della nostra vita saremo interrogati sulla carità». La carità richiede un’organizzazione, ma questa non deve far perdere di vista il Vangelo. San Vincenzo de’ Paoli è stato esemplare, perché ha saputo coniugare l’organizzazione con un’anima cristiana.
Così, «l’Avvento ci richiama al senso della vita cristiana, che è attesa dell’incontro col Signore. Il Natale si gioca nell’attesa del Natale stesso. Talvolta vi arriviamo sazi, non riuscendo a gustare il mistero che si è reso presente quel giorno».
A volte, è proprio questa mancanza di entusiasmo per Gesù che spiega la nostra fragilità morale: «Il nostro peccato nasce dalla mancanza di stupirsi della vicinanza di Dio, di quel bambino in cui c’è la totalità della nostra felicità».
«Giovanni Battista è tutto indirizzato a Cristo e a lui improntato: ”Egli deve crescere, io diminuire”, dice». «Il cristiano – spiega il vescovo – o ragiona così, o tradisce anche quando si impegna a fare la carità», finendo per portare se stesso nella carità che compie.
«Il Battista sul Giordano si appresta a compiere la carità della verità, la verità nella carità. Questo richiede preparazione: egli viene dal deserto, si ciba di cibo povero, si nutre di preghiera. E’ un uomo reso forte dalla penitenza e dalla preghiera. Annuncia la via della conversione».
I quadri rappresentato spesso il Battista nell’atto dell’indicare: «egli indica il Signore Gesù». Questa è «la carità più grande che possiamo fare ai nostri fratelli. Non dimentichiamoci che hanno fame, bisogno di vestiti. Ma, o ci ricordiamo della sete di assoluto che ogni uomo ha, o cadiamo nel materialismo esistenziale».
Giovanni Battista dice di essere voce, non Cristo. «Qual è caratteristica della voce? Di veicolare un pensiero, un contenuto. Senza di essa il contenuto non è percepibile. Però la voce, terminato il suo compito, non esiste più. Così, facciamo attenzione anche noi a essere strumenti, servi inutili.
Impegniamoci a essere veicoli della Parola. E, finito il nostro compito, lasciamo spazio alla Parola, che possa rimanere, mentre la voce vola via. Così sia la nostra azione caritatevole».
Scambiando gli auguri con le persone accudite dalla Caritas, mons. Moraglia ha auspicato che, superati i propri problemi, esse si impegnino a loro volta nella carità: «Una volta ricevuto, dare. Il pensare che possiamo aiutare gli altri è un modo cero di superare le nostre difficoltà».
Il vescovo ha ringraziato don Martini, «per tutto quello che ha fatto» e don Palei, che« si muoverà sempre più nel settore della carità diocesana».
Il pensiero finale è per le popolazioni alluvionate. Il vescovo ha chiesto «attenzione particolare», soprattutto per le zone più interne e periferiche della Val di Vara.
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