Carissimi,
il Natale e il nuovo anno ci trovano provati da una situazione di crisi generale e, soprattutto, dal tragico recente evento dell’alluvione che ha lasciato dietro di sé vittime, distruzione e profonde ferite che faticheranno, non poco, a rimarginarsi.
Le zone più segnate sono Monterosso, Vernazza, Borghetto, Brugnato, Cassana, Rocchetta Vara, i piccoli centri della Val di Vara, Casale, Pignone, il Calicese e la zona alla foce del Magra. In questa catena di fragilità vi sono anelli più deboli, causa la posizione sul territorio, la situazione economica, sociale e la minore visibilità mediatica.
Ma il dramma dell’alluvione ha evidenziato la stoffa di cui è fatta la nostra gente; realtà colta subito da quanti sono venuti da fuori regione per soccorrere e dai tanti che hanno conosciuto la situazione attraverso i mezzi d’informazione; abbiamo, quindi, validi motivi per sperare.
Nell’imminenza del Santo Natale e del nuovo anno sono vicino a tutti e, a tutti, auguro la pace! Infatti un cuore pacificato – nella verità – è condizione per essere in pace con gli altri; su tale punto, tutti dobbiamo riflettere.
Il Natale ci pone di fronte a un bambino che é il Salvatore del mondo; si tratta di un fatto che deve destare in noi stupore perché la fede dipende, non poco, da un cuore capace di stupirsi.
Sempre, ma ancor più in tempi di crisi come il nostro, la tentazione grande è correre dietro a quanti si propongono come i salvatori di turno. I salvatori di turno sono, così, i nuovi leader della politica o dell’economia; non di rado si scandisce – con enfasi degna di miglior causa -: ” … finalmente il nuovo che avanza… “; ma il nuovo, da solo, non basta.
Altre volte sono gli inossidabili “apparati della politica” e i “poteri economici”, sempre uguali a se stessi, imperturbabili, con gli stessi manovratori; tutto qui é garantito dalla capacità di autogenerarsi; è il potere come fine, non più come servizio.
Recentemente i salvatori di turno si presentano vestiti dei panni dell’ “antipolitica” che é una delle forme deteriori della politica. Oggi, poi, capita che i salvatori di turno propongano o impongano “astratti schemi” socio-culturali, prescindendo dalla “realtà profonda” della persona oppure “modelli individualistici” che disattendono la vera “solidarietà sociale”, doverosa poiché iscritta nell’intimo dell’uomo e attenta ai più deboli.
Tali “schemi” e “modelli”, si dice, siano più rispondenti alle “società avanzate” ma, in realtà, prescindono dalla concretezza delle persone – dalla loro storia, dalla loro cultura, dalla loro fede – e dalla stessa “società civile”.
Si omologa tutto a quanto, di volta in volta, è stabilito sia politicamente ed economicamente corretto; è lecito, però, chiedersi da chi e perché. Ma una fede reale – capace di “vera laicità” – deve esser in grado di compiere un appropriato discernimento dell’umano; il Natale, così, diventa critica e domanda agli uomini di buona volontà affinché innalzino lo sguardo al vero Salvatore che, nella sua persona – nel pieno rispetto dell’umano -, costituisce il progetto di uomo voluto da Dio.
La vicenda di Gesù inizia proprio con la nascita di un bambino. Un bambino che – come tutti i bambini – diventerà uomo e affronterà la vita quotidiana, fatta d’accoglienze e rifiuti, di vittorie e sconfitte e che, alla fine – come tutti – morirà, ma, al contrario di tutti, il terzo giorno, si presenterà di nuovo vivo, come il risorto, il vivente, vincitore della morte.
A Natale, quindi, si dà una vicenda pienamente umana – nascita, morte, risurrezione – ma, insieme, totalmente nuova, anzi una vicenda unica. Così il Natale non é la sterile celebrazione del mito dell’infanzia, in cui si guarda al bambino innocente che, però, come tutti i bambini perderà l’innocenza, compromettendosi col male. Se così fosse, sarebbe solo una delle tante nascite e non avrebbe la forza di rispondere alla domanda decisiva riguardante la salvezza dell’uomo, in questa vita e in quella futura. Il Natale, così, dischiude una possibilità nuova di salvezza.
A questo Natale molti di noi giungono provati dalla recente alluvione che ha seminato, nel nostro territorio, lutti, distruzioni e, in molti casi, ha azzerato anni di duro lavoro di persone, d’intere famiglie, di più generazioni.
Abbiamo duramente percepito quanto – nonostante le conquiste della scienza e della tecnica – gli uomini rimangano strutturalmente fragili e mai si appartengano completamente; abbiamo compreso una volta di più come le tutele umane, alla fine, possano fare anche molto ma sempre ben poco di fronte allo scatenarsi delle forze della natura; abbiamo, però, compreso che il bene della solidarietà é più forte di tutte le avversità.
In queste settimane ho avuto modo di notare, ovunque, la ferma volontà di ricominciare; per questo la nostra Chiesa, con le sue deboli forze, ha cercato e cercherà appassionatamente d’essere presente.
Nei momenti di fragilità, sappiamo quanto é importante non lasciar soli coloro che – in un istante – hanno perso tutto; penso a quanti lamentano la scomparsa irreparabile di congiunti che erano il senso stesso della loro vita.
Il ringraziamento va a coloro che si sono spesi con grande generosità, ai volontari e ai tantissimi giovani che ci hanno detto, con i fatti, il valore della partecipazione e della presenza.
E così, anche attraverso di loro, gli angeli del fango, questo Natale si pone sotto la cifra della grande speranza umana e cristiana che tutti, col nostro impegno, dobbiamo contribuire a far crescere.
La mia preghiera è che su ciascuno sorga la Stella di Betlemme che rischiara e riscalda; la Vergine Madre faccia sentire, in particolar modo ai più provati, il Suo abbraccio materno che dischiude nuove speranze.
Chiedo per tutti, nella santa messa della notte di Natale, il dono della vera pace, del coraggio e della gioia per un sereno anno nuovo.
S.E. Mons. Francesco Moraglia
Vescovo della Spezia-Sarzana-Brugnato
Rispondi