Quasi duemila persone hanno gremito la cattedrale di Cristo Re per la Messa di saluto del vescovo Francesco Moraglia, nuovo patriarca di Venezia.
Numerose le autorità civili e militari, oltre un centinaio i sacerdoti e religiosi. Attorno al vescovo si è stretta una folla forse mai vista così numerosa e partecipe in cattedrale.
Moraglia, visibilmente commesso, ha celebrato con grande intensità. Nell’omelia, ha ringraziato i fedeli e il Signore, «che ci ha fatto incontrare» e camminare insieme un tratto di strada breve, «anzi, a me è parso brevissimo».
Per commentare il momento del commiato, il vescovo ha richiamato l’immagine biblica della tenda, «che esprime bene la nostra situazione di pellegrini per cui dobbiamo esser sempre pronti a smontare la nostra tenda e ad andare oltre».
«Carissimi, oggi, per voi e per me è uno di questi momenti, in cui, sotto lo sguardo amorevole e sapiente di Dio – che nulla fa a caso -, siamo chiamati a smontare la nostra tenda e a incamminarci là dove il Signore ci vuole».
Sono, questi, momenti «in cui si può, anzi si deve guardare la propria vita – fatti, cose, persone – secondo una prospettiva nuova, in cui la nostra storia personale e comunitaria si salda in un disegno più grande del nostro e siamo condotti dove neppure immaginavamo. Questa è la realtà e il senso della vita».
Per il cristiano, «tutti i fatti e gli eventi della vita devono ancora svelare il loro ultimo significato, la loro ultima fecondità che, sorpresi e commossi, scopriremo in Paradiso». «Questa consapevolezza di vivere, qui e ora, la dimensione non ultima dell’esistenza ci doni una più grande libertà: la libertà che nasce dalla consapevolezza di non essere costretti a perseguire, oggi, a tutti i costi, il proprio appagamento personale. Se così fosse, tutta la vita rimarrebbe incompiuta, disattesa, frustrata».
La seconda parte dell’omelia è dedicata ai ringraziamenti: ai fedeli, «perché quattro anni fa Lui mi mandava a questa Chiesa, che io non conoscevo e dalla quale mi sono sentito accolto fin dal primo momento», ai «miei preti», per i quali ha cercato di essere «amico, fratello e padre», ai religiosi, che «hanno detto, non a parole ma con i fatti, cosa è la verginità, l’obbedienza e la povertà secondo il Vangelo», ai laici, che «amano e servono la Chiesa», al mondo del lavoro «e soprattutto agli operai», per «come mi hanno accolto e per la fiducia che mi hanno concesso; grazie per gli incontri che abbiamo avuto anche in momenti non facili per voi e per le vostre famiglie».
Moraglia ha ricordato alcuni dei principali fatti del suo episcopato spezzino: la Visita Pastorale, i Pellegrinaggi del primo sabato del mese, l’Adorazione Perpetua di recente istituzione, il fiorire del Seminario diocesano. Il pensiero finale è per il nuovo vescovo, che ha invitato sin d’ora ad accogliere come «amico, fratello e Padre», perchè «il Vescovo è la tenerezza del Signore Gesù per la sua Chiesa».
Alla comunione, una fila interminabile di fedeli si è accodata verso il nuovo patriarca, che al termine ha ricevuto l’applauso lungo e caloroso dei presenti, molti dei quali gli si sono poi stretti attorno per salutarlo personalmente, in un abbraccio corale di forte commozione e intensità.
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